Il crack della Silicon Valley Bank, cui segue per motivi diversi, ma con timori simili nell’immaginario collettivo, la forte crisi del Credit Suisse, non ha intenerito Christine Lagarde. Il numero uno della Banca Centrale Europea è rimasta sorda alle grida d’aiuto dei mercati e alle lamentazioni delle prefiche dei Paesi Ue, con l’Italia a strapparsi anche più capelli dei partner europei. Il board dell’istituto centrale ha confermato il rialzo dei tassi ufficiali di ulteriori 50 punti base, così come fatto ventilare già nelle settimane precedenti.
Questione di coerenza e credibilità. A Mario Draghi bastò dichiarare che sarebbe stato fatto tutto ciò che era necessario – la paradigmatica frase “whatever it takes” – senza null’altro fare, tranne forse alzare un mezzo sopracciglio durante la conferenza stampa, per chiarire ai mercati che chiunque si fosse messo di mezzo al progetto della moneta unica europea ne avrebbe subito le conseguenze. Pesanti, molto pesanti.
Rimangiarsi l’atteso rialzo per il crack della banca dei finanziatori delle start up californiane, a fronte di problemi inflazionistici non ancora debellati e di una congiuntura economica che, nonostante incertezze e timori vari resta, almeno per il momento, sostanzialmente positiva (secondo la Commissione europea l’economia dell’Italia, cresciuta del 3,8% nel 2022 proseguirà con un rialzo anche quest’anno, sebbene limitato allo 0,8%), avrebbe potuto sortire effetti peggiori di quelli temuti dagli oppositori del rigore monetario.
Ciò non toglie che la decisione della Bce, e le conseguenze del fallimento di Svb, segnalano un importante cambiamento di ciclo economico, con effetti diretti anche sul settore immobiliare.
Come sottolineato da tanti commentatori “la ricreazione è finita”: il quindicennio di denaro a costo zero, o quasi, è giunto al termine. E si va ad aprire un nuovo ciclo economico e finanziario sulla base di presupposti più vicini a quelli validi storicamente, ma che in tutti questi anni ci siamo bellamente dimenticati. Non è detto che ciò sia negativo per l’immobiliare. L’inflazione, storicamente, è sempre stata amica del mattone. Dopo un primo periodo di assestamento, utile per rifare calcoli soprattutto per il costo del finanziamento, non è difficile che gli investimenti tornino in parte sul real estate, asset reale e sicuro e di rendimento interessante.
Ma associato a questo, il fallimento della Svb segnala anche un altro importante cambiamento per il settore. A fronte di tassi di interesse interessanti anche per impieghi a rischio relativamente basso, l’investimento massiccio di capitali di ventura in cerca di alti rendimenti in start up tecnologiche potrebbe rallentare.
E’ il tramonto del Proptech? Assolutamente no! Il bit è entrato nel mattone per non uscirne più. L’efficienza e l’efficacia dei servizi per il real estate prestati attraverso l’information technology è in costante crescita ed è sempre più imprescindibile per maggiore efficienza gestionale e per innovazioni di prodotto e processo anche di un settore tradizionalista come quello immobiliare. Ma di certo gli investimenti in queste società innovative diverranno più selettivi. Motivo per cui conoscerne a fondo potenzialità di crescita e sviluppo sarà sempre più importante.